giovedì, febbraio 22, 2007
mercoledì, febbraio 21, 2007
Il credo comunista
1. Siamo Comunisti. Il mondo ha due colori: il rosso e il nero. Non si possono sovrapporre, non si possono sfumare. Per questo ci sta sul cazzo Silvio. Li ha messi insieme nella maglia del Milan
2. Siamo Comunisti. Il nostro nemico fittizio è la destra.
3. Siamo comunisti. Il nostro vero nemico è la SINISTRA MODERATA.
4. Siamo comunisti. La realtà non esiste.
5. Siamo comunisti. Ci sono solo i comunisti e i fascisti. E' facile identificare i fascisti. Sono tutti i non-comunisti. Calderoli è fascista, Berlusconi è fascista, D'Alema è fascista, Prodi è fascista, tutti fascisti. Tranne noi comunisti.
6. Siamo comunisti. I soldi li spendiamo solo per i libri e le trasferte per le manifestazioni. Quando vedremo le mogli dei fascisti attraenti, truccate e ben vestite mentre la nostra è sciatta, vestita di stracci e fondamentalmente un cesso, saremo felici, perchè nostra moglie condivide i nostri ideali. Quando vedremo i mariti delle fasciste abbronzati, fighi e palestrati mentre il nostro è uno sfigato rachitico, miope, presbite e brufoloso, ma SENSIBILE e INTELLIGENTE saremo felici, perchè nostro marito è un vero intellettuale comunista.
7. Siamo comunisti. Ci ripeteremo ogni sera quanto ci stimiamo perchè siamo comunisti. Dovremo alzare la voce però perchè la coppia di fascisti al piano di sopra nel frattempo starà trombando rumorosamente e gioiosamente.
8. Siamo comunisti. Alcuni di noi uccidono innocenti nel nome della lotta di classe. Li biasimiamo. Sottovoce.
9. Siamo comunisti. Il bene viene dopo la coerenza. Meglio che la destra rada al suolo Vicenza e ci facciano una enorme base nato piuttosto che noi espandiamo la presente di 1/10 . Meglio che la destra torni in Irak piuttosto che noi votiamo per stare in Afganistan. Portiamo la guerra nel nome della pace, la povertà nel nome della lotta alla povertà, le disuguaglianze nel nome dell'uguaglianza, le ingiustizie nel nome della giustizia. Va bene così, l'importante è evitare il compromesso.
10. Siamo comunisti. I nostri figli non guardano la TV, non vestono di tendenza, non leggono best-seller (solo classici), non guardano film di Holliwood (solo Pasolini), non bevono la coca cola, non mangiano da Mc Donald, non vanno in discoteca, non si interessano di calcio. Per questo sono infelici perchè i loro coetanei li emarginano. Va bene così. Si preparano ad essere i comunisti di domani.
11. Siamo comunisti. Non vogliamo risolvere i problemi. Vogliamo solo trovarne di nuovi.
12. Siamo comunisti . Non vogliamo risolvere i problemi. Vogliamo solo discuterne all'infinito.
13. Siamo comunisti. Non vogliamo discutere dei problemi in concreto. Vogliamo farlo in astratto e su base ideologica.
14. Siamo comunisti. Non ci basta discutere astrattamente e ideologicamente dei problemi. Dobbiamo anche farlo in chiave antistorica.
15. Siamo comunisti. Non abbiamo tempo di proporre. Siamo troppo impegnati a criticare.
16. Siamo comunisti. Non esistono le istituzioni. Esiste la piazza.
17. Siamo comunisti. Non esiste la lealtà all'elettorato. Esiste la piazza.
18. Siamo comunisti. Non esiste la democrazia. Esiste la piazza.
19. Siamo comunisti. Dobbiamo annullare, umiliare, distruggere -SEMPRE- i riformatori e gli innovatori tra noi. Riconosceremo che avevano ragione solo dopo una ventina d'anni.
20. Siamo comunisti. Dobbiamo peggiorare il mondo per poter poi protestare. Altrimenti che cazzo faremmo senza protestare? Se ci togliete le nostre lotte perse in partenza la nostra vita è una merda.
21. Siamo comunisti. Tutto è un pretesto per l'unica vera lotta. Quella contro gli USA.
22. Siamo comunisti. Tutti compagni. Ma divisi in 45 partiti ognuno dei quali scisso in 85 correnti. Ma tutti, orgogliosamente, COMUNISTI.
23. Siamo comunisti. Il muro di Berlino non è mai esistito. E se è esistito non è mai caduto.
24. Siamo comunisti. La nostra specialità è "analizzare le ragioni della sconfitta".
25. Siamo comunisti. Ci riconoscerete subito per strada perchè andiamo a testa alta e con un grosso palo nel culo.
26. Siamo comunisti. Vinceremo le elezioni con ampio margine e governeremo per 5 anni...
27. ... quando retrocederanno Forza Italia in serie B .
venerdì, febbraio 16, 2007
lunedì, febbraio 12, 2007
Gusto per dire qualcosa.
Dovrò tornare a iscrivermi in palestra col Delbo, perchè ieri non sono andato in Maddalena col Paolino ma ho fatto il blando.
In compenso oggi a pranzo ho mangiato porchetta.
A spese della Multinazionale.
Il mio modo per combattere il sistema dall'interno.
Bel modo del cazzo, direbbe il porco. Ma siccome io sono il Fozzie e non qualche vegetariano del cazzo che magari poi dopo aver scassato le balle per millenni si riconverte alla proteina animale...
... me ne sciacquo i cabbasisi e mangio la porchetta.
Mi rendo anche conto del fatto che il mio modo di combattere il sistema dall'interno suona un pò ipocrita.
Qualcuno dei più pignoli tra voi potrebbe farmi notare che la porchetta mi marchia come "corporativo del cazzo" e questo mi potrebbe costare l'amicizia dei più intransigenti e "di sinistra" dei miei amici.
Poi penso alla Chiaretta pre-Senegal e pre-trapano, penso alla Chiaretta post e post, e mi rassereno. E' 3 ordini di grandezza più compromessa di me. Ottimo tempismo.
Per il resto, nulla di nuovo, se non che vorrei cominciare a raccogliere adesioni per un weekend trip to Chembrigg con andata venerdì sera alle 21 e ritorno domentica sera con the last flight.
Data da procrastinarsi abbastanza da permettere un 0,2 €cent flight +spese.
Butterei lì un 9-10-11 marzo soggetta a trattative e a controproposte.
Detto questo,
bacetti di amm0re.
martedì, febbraio 06, 2007
Destra e Sinistra
Posto e condivido questo scritto di Franco Milanesi che trovai sulla rete tempo addietro e che conservai. Baci e amm0re. Fozzie.
Negli anni sessanta gli insegnanti erano a destra (cattolici, moderati qualunquisti, vecchi liberali) e gli studenti a sinistra. Oggi, si dice, quegli studenti sono diventati insegnanti, sono rimasti abbastanza a sinistra e gli studenti si collocano, mediamente, alla loro destra. Ora, l'insegnamento della storia è una scuola di relativismo. Si spiega ai ragazzi che relative sono le categorie storiografiche, relative le interpretazioni del passato e del presente, relativi i valori. Figuriamoci le collocazioni politiche. Danton stava a sinistra, ma l'arrivo di Robespierre l'ha collocato un po' più a destra e Roux avrebbe fatto slittare un po' più a destra Robespierre se quest'ultimo, per questo e altri motivi, non gli avesse fatto tagliare la testa. Per non dire poi della storia sovietica e di quel campione di opportunismo che fu Stalin che da destra adottò i programmi della sinistra e poi da sinistra eliminò la destra e poi di nuovo il contrario di prima. L'Italia incredibilmente sembra un po' meno confusa. Se dico che Cavour era un liberale moderato ci si capisce al volo, pur con tutti i liberali e tutti i moderati che sono passati sotto i ponti. E Zanone e Spadolini lasciano Cavour dov'è, almeno dal punto di vista della stretta "collocazione". Ma se osserviamo la storia della sinistra nazionale sorgono non pochi problemi. Dove mettiamo Turati? E dove Berlinguer (Enrico) che oggi è di sinistra per tutti ma allora era di sinistra solo per i suoi amici e per gli avversari di destra? Tra i due schieramenti, insomma, rispetto alla collocazione spaziale c'è un atteggiamento differente. Quelli di destra non hanno mai detto a uno dei loro "sei troppo a sinistra", usandolo come un insulto, né fanno a gara per scavalcarsi, come da ragazzini quando si salta sulla schiena e ci si sposta un po' più in là, più a destra dei loro sodali. A sinistra sì, è tutto un collocarsi e un ricollocarsi, tutto un definire il proprio territorio secondo una logica spaziale. Il celebre detto morettiano ("D'Alema, dicci qualcosa di sinistra) non avrebbe senso a destra con uno Sgarbi che invoca Fini ("ti prego, di' qualcosa di destra"). Perché questa differenza tra i due schieramenti? Provo a parlarne con i miei studenti, ad analizzare la questione, prendendola in modo scherzoso, ma il coinvolgimento è fiacco. Si ha l'impressione che neppure capiscano il senso della mia domanda e forse è proprio questo il motivo della collocazione a destra di molti studenti: a destra si sta, senza tanti problemi, a sinistra ci si colloca spingendo un po' con il gomito e facendo ben attenzione a chi si ha da un lato e dall'altro. Dunque, continuando il nostro ragionamento, tutta la questione può essere ricondotta a un problema di identità, di bandiera. A sinistra paradossalmente si è più ancorati alle radici politiche, alle provenienze, alle parrocchie ideologiche. A destra, politicamente si è molto più pragmatici e l'identità personale la si gioca, anche duramente, su terreni in gran parte depoliticizzati come la famiglia, le parrocchie (quelle vere), la Padania, il Rotary, mentre la politica la si subordina disincantamente alle questioni di soldi e d'affari. Solo a sinistra sorgono certe questioni. Qualcuno si è mai chiesto se Reagan era veramente di destra? No. Era di destra, punto e basta. E se Clinton era veramente di sinistra? Tutti i giorni ce lo chiedevamo, e ce lo chiediamo ancora oggi.
Rifletto ad alta voce e finalmente si alza una mano in fondo, Federico, che nel 2001 aveva chiaramente dichiarato il suo voto per il Cavaliere Silvio Banana, come lo chiama Altan. Sociologicamente appartiene a quella piccola borghesia che tanto piccola non è, il padre è un commerciante della "bassa", venditore di macchina agricole. Il suo ragionamento procede più o meno in questo modo. Essere di destra è più "naturale" perché porta con sé l'idea di un individualismo egoistico, di godimento spicciolo della vita, di finalità orientate dal solo principio del piacere e quindi stare a sinistra è una "sovrastruttura" tutta di testa, una "idea", sorta da una proiezione in chiave antropologica dei nostri desideri o addirittura dei nostri gusti. Non lo dice proprio così, ma il senso è questo. Esclusi ovviamente i diseredati, ma prof., diciamolo chiaramente, non è che siano poi tanti, in Italia almeno. I miei compagni di sinistra non lo sono per necessità ma per scelta. Per una questione di "gusto"? azzardo io. Sì, mi risponde il furbo Federico, per una questione di gusto.
I pochi ragazzi schierati a sinistra mi guardano spersi e aspettano una replica, un aiuto che non sanno darsi da soli. Mi rigetto nell'agone. In parte hai ragione, caro Federico, non sono solo le collocazioni sociali, i livelli salariali e di cultura, status, potere a definire oggi in modo automatico lo stare di qui o di là. Queste differenze continuano comunque ad esistere e ad alimentare legittimi sdegni, rabbie, desideri di cambiamento. Ma non basta, io direi che più che una questione di "gusto" stare a sinistra significa, per molti, assumere un atteggiamento critico verso il reale, un'idea della politica come istanza trasformativa, un senso di appartenenza all'intera collettività umana per cui si trova inconcepibile che a migliaia di chilometri di distanza qualcuno crepa di stenti, proprio come accadeva una volta qui. E, perché no, significa anche un'idea di umanità liberata non solo dai bisogni ma anche dall'idiozia, dalla violenza spicciola, dai mille e mille soprusi che non sono scomparsi perché si è innalzato il pil del paese.
Mi infervoro mentre parlo, abbastanza convinto del contenuto elle mie parole. Ma mi sembra manchi qualcosa. Certo, ci sarebbero discorsi ben più complessi (il problema dei diritti e della democrazia formale, prima relativizzata, oggi difesa con i denti; il rapporto con l'idea "finale" di socialismo) ma come potrei rifilarli ai ragazzi senza far definitivamente spostare a destra tutta la classe? Manca invece ciò che in una classe non posso dire ma che avrei ancora voglia di tirare fuori, come se fossi su un palco, come se potessi esternare per una volta anch'io. Cari compagni, siate meno preoccupati di chi vi sta ai lati. Come insegnava il grande Nietzsche (di destra o di sinistra?) bastate a voi stessi, portate la vostra bandiera, e sbattetevene allegramente di chi vi guarda, vi giudica, vi colloca qui o là. Gliene fregava qualcosa agli operai che lottavano per una manciata di diritti, dove "stavano"? E alle suffragette, e ai braccianti, e agli anarchici accoppati da tutti quelli che non sapevano bene dove metterli (e così hanno pensato bene di risolvere la questione alla radice, mettendoli al muro)? Come dice un mio amico, chiamatevi fuori dalle logiche del capitale, e sarete meno ricattabili. Eccolo il punto: le logiche del capitale. Allora, cari studenti, cosa vuol dire essere di destra per voi? Ogni tanto ho l'impressione che significhi essenzialmente due cose, con intensità diversa: essere, in sostanza, ostili alle diversità, come la destra è sempre stata: non solo ai neri o gialli, se si è bianchi, ma anche a quelli troppo grassi o troppo piccoli, ai gay o a quelli del paese dove hanno quel ridicolo accento, agli ebrei (il diverso per antonomasia), ai residenti nelle case a duecento metri "dalle nostre". (Excursus: dobbiamo diffidare dei bulletti undicenni che picchiano il compagno imbranato, esprimeranno pure disagio ma anche un chiaro comportamento protofascista). La seconda istanza è più complessa, rimanda all'immaginario e alla "rete" biopolitica che il capitale ha messo in atto. Cioè a quel dispiegamento di economia, cultura materiale, informazione che sembra avvolgere l'intera trama dell'esistente. I miei studenti di destra si vestono tutti con ricercatezza, adorano le macchine veloci (se maschi), la vita mondana e gli orpelli (se femmine). Amano i soldi e sono già afflitti da quella bulimia che porta milioni di esseri umani ad annientarsi in una abbuffata continua di cose, oggetti, "roba". Comprerebbero tutti i modelli possibili di orologi, di auto, di scarpe, di computer. Sono a destra perché identificano la sinistra con la parsimonia e la critica ai consumi. Infine sono a destra perché entrano nella vita dopo essere stati convinti che "o si domina o si è dominati" come recitava un libro scemotto di qualche anno fa. Questo darwinismo da supermercato, me ne accorgo dai discorsi in classe, è l'essenza dell'essere di destra, anche per un mite ragazzo della provincia italiana. E mite resta, abbastanza tollerante, abbastanza educato, finché qualcosa scatta, proprio "là fuori", e lo ritrovi venticinquenne con la faccia incattivita, l'occhio più vuoto ma più "furbo", la macchina potente e pulitissima, l'occhiale nero, ostentatamente scafato, duro. Ti rivolge ancora un "salve prof." dove risuona la simpatia di sei anni fa in classe, ma incrinata da qualcosa che non capisci. La destra ha anche questa responsabilità: aver "rovinato", perché li ha induriti, ne ha limato via sfumature e morbidezze e lentezze giocose, milioni di ragazzini che ora, magari guadagnando poco più di una miseria, scimmiottano i ricchi veri, quelli di successo, quelli di cui parla la televisione.
Svolgo il mio ragionamento in silenzio, a fine ora, mentre gli studenti reduci dal fioco dibattito in classe fingono ora, per divertirsi, di accapigliarsi per motivi politici. Volano "comu" "nazi" "fascio". Fingono, perché non gliene frega più di tanto.
Quando la mia fantasia evapora gli studenti sono già fuori. L'aula è completamente vuota. Qualche libro abbandonato sui banchi vicino a carte di merende, bottigliette d'acqua, resti in briciole di panini giganti. Il cestino circondato da palle di carta che hanno mancato il canestro, la lavagna piena a metà di esercizi matematici e per l'altra di esercizi di latino, tra una riga e l'altra qualche mio scarabocchio con i termini in tedesco (siamo sotto con la repubblica di Weimar). Mi è capitato di concludere una spiegazione o un dibattito in classe con le idee più chiare. Oggi non è così. Ho fatto male a non esplicitare le mie idee sull'essere di destra? Cosa doveva aggiungere o togliere quando ho difeso una certa idea della sinistra? Non era meglio parlare di politica in generale e chiedere loro perché ne sono così respinti? Dovevo buttarla più sul leggero o più sul pesante?
Allora mi alzo, prendo il gessetto e scrivo tre parole alla lavagna con grafia anonima. Per chi entrerà domani e leggendole, forse, avrà una lieve scossa. Non credo rappresentino l'essenza dello "stare a sinistra", apparentemente non c'entrano nulla, ma ritengo che, in qualche imprevedibile modo, facciano riflettere. Le ha scritte e pensate uno (di sinistra) che qualche anno fa ha deciso di appendersi a un albicocco. Sono l'esatto rovescio della massima olimpica che recita: più velocemente, più in alto, con più forza. Alex Langer proponeva lentius, profundius, suavius: più lentamente, più in profondità, con più dolcezza. Le mie piccole tracce si confondono con verbi latini e formule e anch'esse saranno oggetto di rapida e indifferente cancellazione da parte dei bidelli. Spero che questa mattinata non rappresenti una metafora del destino della sinistra.
Franco Milanesi